Nell’immaginario comune la parola dieta significa sacrificio, rinunce e tristezza.

Anche se dal punto di vista semantico non è così ("dieta" significa "stile di vita"), di fatto questo è quello che viene percepito e vissuto dalla maggior parte delle persone che vorrebbero / dovrebbero avvicinarsi ad una dieta.

In realtà è inutile negare il piacere che il cibo porta, ma bisogna imparare a gestirlo in modo “furbo”.

Adottare una dieta squilibrata aumenta il rischio di sviluppare malattie croniche (cuore, cervello, ossa, tumori, etc), indebolisce il sistema immunitario e accelera l’invecchiamento.

Senza parlare delle ripercussioni psicologiche e del rapporto minato con sé e con gli altri.

Non dedicare attenzione alla propria alimentazione e seguire solo l’istinto, mangiare solo quello che si è abituati a mangiare o che si ha in casa, oppure ordinare al cameriere senza pensare, non può che portare a conseguenze negative per propria salute e il mantenimento del peso corporeo.

Alcune persone non si sentono in grado di fare un “regime” rigido e di sottoporsi a restrizioni e per evitare delusioni non iniziano alcun percorso nutrizionale. Si abbandonano al cibo e agli eventi.

Non si sentono in grado di seguire una dieta con successo.

Non sempre lo ammettono esplicitamente, ma nel profondo del loro cuore è così.

Ma perdere tempo non aiuta sentirsi e vedersi meglio.

Detto questo, è necessario fare qualcosa e apportare cambiamenti al proprio stile nutrizionale ma… non “bisogna” rinunciare a tutti gli alimenti gratificanti.

Attenzione: ho scritto“non bisogna” e non solo “non è concesso”: sarebbe un errore pensare di rinunciare a tutti gli alimenti che ci donano piacere pensando di ottenere un risultato migliore.

Cerchiamo di capire perchè bisogna gratificarsi a tavola

È un dato di fatto che il cibo rappresenta una fonte di gratificazione personale, in alcune persone di più e in altre di meno, ma alcuni alimenti piuttosto che altri vengono desiderati da ciascuno di noi.

Il cibo è anche una delle molle che viene mosse dallo stress: di fronte allo stress lavorativo, personale o della giornata viene facile e rapido rilassarsi e “gratificarsi” col cibo o con qualche “confort food”.

Ma allora come coniugare l’esigenza di uno stile di vita salutare con la gratificazione personale che deriva dal cibo?

Facciamo un passo indietro…

Nella scelta della “dieta” (e del dietologo) bisogna tenere conto sia degli aspetti biologici che anche di questi aspetti psicologici / sociali.

In altri termini la dieta deve tenere conto anche della personalità, del momento e dello stile di vita di chi la deve fare.

Faccio un esempio per chiarire questo concetto.

Oggi vanno molto di moda la dieta chetogenica, low carb, paleolitica e il digiuno intermittente. Sono tutti approcci validi di per sé, vengono applicati anche da me come professionista, ma non vanno bene per tutti per i motivi di cui sopra.

Per qualcuno non è un problema dimenticarsi della frutta, dei dolci, della pasta, della pizza, saltare gli spuntini o stare 16 ore senza mangiare, per altri è una montagna invalicabile.

Non sto parlando di quello che una persona vorrebbe fare, ma di quello che nella realtà riesce a fare. La distinzione non è banale perché talvolta si mente anche a sé stessi…

È difficile ammettere che una dieta che ha funzionato per un amico, un collega, un parente. non funziona perché risulta impossibile da attuare perché pensata senza sgarri.

Viene data la colpa alla dieta, al dietologo o all’ambiente esterno, ma il punto è che di sicuro non era quella giusta.

La nutrizione funzionale, la bioterapia nutrizionale e ancora meglio il metodo del Bioequilibrio Ormonale, in cui si lavora anche con strumenti di terapia cognitivo comportamentale, consentono di gestire i momenti difficili e di mangiare alimenti di tutte le categorie alimentari, sfruttando al massimo il loro potere nutrizionale e ottimizzando le funzioni organiche.

Per alcune persone è facile rimanere a dieta per un tempo definito (es. 1 mese…), mentre risulta insoddisfacente quello che la vecchia scuola chiamava “mantenimento”.

I motivi possono essere molti e vanno indagati caso per caso.

Tuttavia non bisogna trascurare che esistono anche stimoli biologici, oltre che psicologici, che ci portano a mangiare di più dopo un periodo passato a stecchetto.

In altri termini, quando riduciamo il numero di calorie, l’organismo non sa se lo facciamo volontariamente oppure vi è una malattia oppure scarsità di cibo e allora mette in atto una serie di azioni, fra cui la liberazione di ormoni che stimolano l’appetito (oressizanti) che ci portano a mangiare di più. Quindi non è sempre un problema di volontà perché in effetti nuotiamo contro corrente.

Allora quale può essere la strategia furba per gratificarsi a tavola?

  1. Scegliere il momento giusto per fare la dieta: il livello di motivazione deve essere buono.
  2. Scegliere la dieta più adatta a sé, anche in relazione al proprio modo di essere
  3. Seguire la dieta (indipendentemente dal tipo) in modo scrupoloso per 1 mese.
  4. Dopo il primo mese concedersi 1 alimento gratificante alla settimana.
    Il giorno della settimana in cui si vuole consumarlo va pianificato in anticipo (es. sabato o domenica etc.), senza lasciare nulla all’improvvisazione.

Parlo di "un alimento gratificante": per qualcuno potrà essere la pizza, per altri un dolce, la carne, il cioccolato etc.

Un alimento gratificante non significa un giorno libero alla settimana: in questo caso gli effetti sarebbero deleteri e ognuno interpreterebbe il “libero” a modo suo.

Un alimento gratificante in porzione media, in generale, è un qualcosa di accettabile e che non mina più di tanto gli esiti del programma.

Ma perché si “deve” mangiare un alimento gratificante e non solo concederselo come se fosse uno sgarro?

Perché questo è uno dei modi di gestire l’effetto della “violazione del controllo”.

Chi vive la dieta come un qualcosa di rigido e ogni giorno lotta per non sgarrare è una persona che ogni giorno vive il conflitto fra quello che vorrebbe fare (in relazione al cibo) e quello che riesce a fare. Tende a dividere la realtà in bianco e nero, in “faccio la dieta” e “non faccio la dieta”.

È intuitivo come questa condizione può generare stress e quello che viene spesso fatto per ridurre questo tipo di stress dopo un breve periodo iniziale è, aimè, interrompere la dieta e tornare alle abitudini precedenti, con tutta la rabbia, la delusione, e la frustrazione che ne consegue.

A questo punto le calorie aumentano in modo esponenziale e con esse il peso corporeo e il benessere.

Concedersi un alimento gratificante alla settimana, senza sensi di colpa e senza viverlo come una trasgressione, smonta questo meccanismo e consente risultati più duraturi sul lungo termine.